D. Lgs. 231/2001. Il Principio di Responsabilità Amministrativa.

Responsabilità-Amministrativa-D-Lgs-231.01

Con la legge n. 300/2000, il cui articolo 11 conteneva la delega al Governo, in materia di responsabilità, il Parlamento ha indicato i principi fondamentali della  scelta di gravare gli enti di una responsabilità amministrativa e non penale; i diversi criteri di incolpazione a seconda che autori del reato siano i vertici ovvero semplici dipendenti; l’applicazione delle norme del codice di procedura penale, in quanto compatibili; l’irrogazione delle sanzioni da parte del Giudice che valuti il reato (commesso dalla o dalle persone fisiche).
Il D.Lgs n. 231/2001 ha originariamente previsto una ristretta categoria di reati rispetto  al citato articolo 11 della legge n. 300/2000, ma è opportuno ricordare come il reato per cui ad esempio si proceda e cioè l’omicidio colposo (e le lesioni personali colpose) commesso con violazione delle norme in materia di infortuni sul lavoro fosse già ricompreso nel citato articolo 11, insieme ad altri reati logicamente riferibili a carenze organizzative di impresa, come quelli riguardanti l’ambiente e l’inquinamento.
Il legislatore ha successivamente e gradualmente ampliato il numero e la tipologia di reati presupposti rispetto alla responsabilità della persona giuridica, con vari interventi.
Nonostante il D.Lgs citato sia stato emanato nel 2001, la sua applicazione concreta è proceduta con lentezza, come testimoniato dalle non numerose sentenze, anche della Corte di Cassazione, in materia, nei primi anni dalla emanazione.
Il  D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000 n. 300”, dunque, disciplina la responsabilità degli enti collettivi e individuali, come ha stabilito recentemente la Cassazione, “per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato” (commesso dalle figure apicali o dai sottoposti dell’ente), rappresenta “l’epilogo di un lungo cammino volto a contrastare il fenomeno della criminalità d’impresa, attraverso il superamento del principio, insito nella tradizione giuridica nazionale e  nella prospettiva di omogeneizzare la normativa interna a quella internazionale.’’
Il sistema sanzionatorio previsto dal D.lgs. n. 231 “fuoriesce dagli schemi tradizionali del diritto penale, incentrati sulla distinzione tra pene e misure di sicurezza, tra pene principali e pene accessorie, ed è rapportato alle nuove costanti criminologiche delineate nel citato decreto”. (Verbale incontro 12 aprile 2010 della Procura di Torino con gli operatori ASL)
Come si legge  nella sentenza  Tribunale Trani sez. distaccata di Molfetta, 26 ottobre 2009, “i reati di cui si discute rappresentano spesso l’espressione di scelte non individuali ed autonome ma strumentali rispetto agli obiettivi societari; si è cercato di aggredire le cause strutturali degli infortuni sul lavoro ed è stata perciò avvertita la necessità di introdurre temperamenti volti a riaffermare un bilanciamento degli interessi contrapposti presenti nelle strutture complesse ed a proporre modelli di recupero della legalità attraverso il contenimento del rischio di lesione dei beni giuridici oggetto di tutela”.
Il Decreto Legislativo n. 231/2001 ha dunque introdotto nel nostro ordinamento la previsione di una responsabilità amministrativa degli enti collettivi, ma anche individuali, in sede penale che si va a cumulare con la responsabilità penale delle persone fisiche che materialmente hanno commesso l’illecito purché quest’ultimo sia stato compiuto nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.
Il reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.) “si realizza quando si cagioni, per colpa, la morte di una persona con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
In tal caso:
– ‘’il bene giuridico tutelato è la vita umana, che viene protetta sia nell’interesse dell’individuo che nell’interesse della collettività’’;
– il soggetto attivo è “chiunque sia tenuto ad osservare o a far osservare norme di prevenzione o protezione: datore di lavoro, dirigenti,  preposti (anche di fatto)’’, insomma i soggetti in posizione apicale che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, ‘’nonché quelle persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente stesso e lavoratori” (ma anche committenti, responsabili dei lavori, coordinatori per la sicurezza, medici competenti, fabbricanti di macchine e impianti, responsabili del servizio prevenzione e protezione , ecc.);
– la condotta consiste nel cagionare la morte ed essa sia avvenuta per effetto dell’inosservanza di norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro;
– l’elemento soggettivo “consiste nella colpa specifica, ossia nella inosservanza di norme precauzionali, (previste in particolare dalle norme  in materia di sicurezza e salute sul lavoro, ma anche l’inosservanza di ordini e discipline) volte ad impedire gli eventi dannosi” (ma anche nella colpa generica, ossia l’imprudenza, l’imperizia, la negligenza).
Riguardo invece alle lesioni personali colpose gravi e gravissime (art. 590 c.p.) con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro – il bene giuridico tutelato è l’interesse dello Stato alla sicurezza della persona fisica.
Ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. n. 81/2008, Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la istituzione e adozione di un modello SGSL (modello organizzativo, gestionale e di controllo dell’azienda) ha la efficacia esimente dalla responsabilità da parte degli enti, delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al D. Lgs. 8/6/2001 n. 231, per i reati di lesioni o omicidio colposo legati ad inosservanze in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
In definitiva la legge 231/2001 si applica a tutte le imprese e organizzazioni e disciplina la responsabilità degli enti per i reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso nell’ambito dei cosiddetti reati presupposto relativi agli articoli 589 e 590 del codice penale.
L’adozione del Modello 231 non è obbligatoria ma è uno strumento utile per l’azienda a prevenire la commissione di reati e per limitare la propria responsabilità in chiave sanzionatoria, evitando le conseguenze che ciò comporterebbe. Recenti incidenti ferroviari come quello del deragliamento di Viareggio e quello di Brandizzo degli operai al lavoro investiti sui binari hanno testimoniato che oramai la responsabilità amministrativa è sempre considerata dai magistrati inquirenti.

 

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Giuseppe Somma, architetto, funzionario tecnico presso università degli studi di Napoli Federico II, addetto interno del Servizio di Prevenzione e Protezione dello Ateneo. Specializzazioni post laurea in Progettazione urbana nonché specializzazione in manutenzione ed edilizia urbana, master di tecnico della sicurezza. Componente Commissione sicurezza presso ordine architetti di Napoli. Al suo attivo, la pubblicazione di testi in tema di sicurezza e igiene del lavoro.

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