5 domande “A“: Intervista al dott. Pasquale Sgrò  ideatore dell’ Ispettore Felicino

5 domande A Pasquale SGRò

5 Domande “A“ 
Rubrica a cura dell’arch. Domenico Vozza

Il costante aumento di morti sul lavoro, che ogni giorno, avvengono in ogni luogo della nostra penisola, ci ha fatto ancor di più riflettere, e non poco, sul perché non si riesce a ridurre questo, sempre più crescente  numero di incidenti  sui luoghi di lavoro.  Ognuno di noi, nell’ascoltare o leggere le notizie agghiaccianti, riguardanti lavoratori coinvolti in seri o mortali incidenti sul lavoro si pone spesso queste 5  semplici domande: “Chi” ,“Che cosa”, “Quando”, “Dove” , “Perché”. Proprio queste domande, che in lingua inglese cominciano tutte con la lettera “W” (Who, What, When, Where, Why), caratterizzano la regola delle 5W, che spesso rappresenta il punto cardine di  buona formazione di un discorso, ma è anche utilizzata nel “problem solving”  ovvero un’attività finalizzata all’analisi ed alla risoluzione dei problemi. Proprio relativamente a quest’ultimo riferimento della regola delle 5W, noi di notiziario sicurezza, abbiamo pensato di lanciare una rubrica, periodica, basata su di un’intervista con sole 5 domande da fare a tutti coloro che, nella loro vita, si sono principalmente dedicati ad un tema specifico, riguardante la sicurezza. Questa volta abbiamo intervistato il dott. Pasquale Sgrò,   ideatore di racconti a fumetti che spiegano la sicurezza sul lavoro attraverso un particolare personaggio, immaginario, chiamato Ispettore Felicino           

Intervista al dott. Pasquale Sgrò  ideatore dell’ Ispettore Felicino

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D.: Dottore lei si occupa di sicurezza sui luoghi di lavoro, ma quale lavoro ha svolto e svolge di preciso?

R.: Io sono un chimico e mi occupo di prevenzione, infortuni ed igiene del lavoro da quasi 40 anni, prima come ispettore del lavoro e poi come libero professionista.

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D.: L’idea del personaggio, l’ispettore Felicino, credo le sia nata a seguito  della sua forte esperienza lavorativa, quindi questo personaggio, ispettore sul lavoro, come e quando l’è venuto in mente e, soprattutto, perché;

R.:  Circa 15 anni fa, ho maturato l’idea che, alla base dei comportamenti anomali che portavano ad incidenti, c’era sempre una scarsa conoscenza della materia della sicurezza e della salute sul lavoro, mancava insomma una “cultura della sicurezza”; quindi, ho pensato che servisse un mezzo innovativo, semplice e coinvolgente che non annoiasse: quale linguaggio migliore dei fumetti?

Il nome Felicino è nato per caso: è orecchiabile e da la sensazione di avere un amico, un amico che ti da buoni consigli.

Dopo questa idea, ho scritto  a tante istituzioni ed autorità per chiedere consiglio e supporto, ma non mi ha risposto nessuno, ad eccezione, però, di Papa Francesco e Giorgio Napolitano. Da quel momento ho capito che la strada era quella giusta.

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D.: Nei vari racconti illustrati delle edizioni precedenti dell’ispettore Felicino, lei specifica ed evidenzia l’importanza della prevenzione e la cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro. Ebbene, nella sua ultima edizione, ha mantenuto lo stesso modello dei racconti, oppure è cambiato? E poi, su quali tematiche si è più soffermato e quali argomenti ha ritenuto di inserire, approfondire o evidenziare, in considerazione del costante aumento , di anno in anno, degli incidenti e morti sui luoghi di lavoro

R.:    Ritengo che sentirsi sicuri, voglia dire, per tutti, vivere bene con il mondo che ci circonda; quindi dobbiamo preoccuparci di essere sicuri in tutti gli ambienti di vita: a scuola, a casa, al lavoro, mentre giochiamo, quando ci divertiamo, insomma in tutto quello che noi facciamo. Ho anche pubblicato, con tecniche nuove, la sicurezza spiegata ai bambini, perché sono sicuro che, i primi fruitori della cultura della sicurezza, debbano essere proprio i bambini. Nel prossimo libro, verranno, tra l’altro,  inserite anche storie per la “tutela ambientale” altro tema importantissimo. Ogni racconto inserito nei miei libri-fumetto corrisponde ad una storia vera, ed è frutto di esperienze personali oppure tratte da un’analisi di sentenze della Suprema Corte.

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D.: secondo lei cosa occorre realmente fare per poter cambiare le cose e per destare più coscienza civica nei committenti e soprattutto più interesse politico e collettivo sul tema sicurezza?

R.: Purtroppo esiste ancora un “fatalismo diffuso” nei luoghi di lavoro, nella società e negli organi di informazione e forse anche nella politica. “La morte e l’invalidità diventano compagne di strada del lavoro”, quasi un male necessario; si tratta di una carenza che riguarda i fondamenti della cultura di un paese. In questa situazione le regole della sicurezza vengono percepite come vincoli fastidiosi e burocratici, da infrangere quando non se ne può fare a meno e da interpretare sempre nella maniera più formalistica e meno impegnativa. Le leggi in materia non mancano ma il mercato le sopporta male e appena può, le dimentica e consapevolmente, le viola.

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D.: A seguito degli ultimi infortuni e soprattutto delle ultime morti, avvenute sul lavoro, che, quest’anno,  costituiscono la media di 3-4 al giorno, il Presidente del Consiglio Draghi ha espresso,  pubblicamente, le sue intenzioni di un cambio di passo, sulla sicurezza sul lavoro. Lo stesso Draghi, nel suo PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sembrerebbe aver confermato l’assunzione di nuovi ispettori sul lavoro ed anche di alcune nuove disposizioni sulla prevenzione e la vigilanza. Lei, dott. Sgrò, cosa ne pensa, nel caso avesse già approfondito il decreto, e se ritiene, quindi il decreto manchevole in qualcosa, lei cosa propone.

R.:  Se riflettiamo bene, 3-4 morti al giorno, vuol dire il “Lavoro uccide più della mafia”, è una vera e propria strage che non fa notizia, se non nei casi gravissimi, nei quali, le modalità di accadimento, le giovani età delle vittime, o il numero delle vittime, muovono il sentimento popolare. Dopo qualche settimana dagli avvenimenti tragici ce ne si dimentica. Se si confronta la nostra legislazione con quella di altri paesi, si realizza che quella italiana non sfigura, però, c’è un modo diverso di applicarla che nel resto d’Europa, e “sono proprio le prassi applicative che fanno la differenza, non la qualità delle leggi”. Forse le nostre norme dovrebbero essere più chiare non passibili di interpretazioni soggettive, “quello che manca, in Italia, sono i controlli” che toccano solo, mediamente, il 5% delle aziende. Per cui, fermo restando che i rapporti sociali non possono, di certo, fondarsi solo sul timore delle sanzioni o della repressione giudiziaria, occorre ripensare all’intero sistema, senza assurde competenze concorrenti tra ASL e Ministero del Lavoro, senza le numerose eccezioni,  “con una seria opera di  Formazione Culturale di tutti i soggetti interessati.

Posted by Domenico Vozza

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Domenico Vozza
Architetto esperto in sicurezza nei luoghi di lavoro

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