I contratti collettivi rientrano nella categoria del contratto di diritto comune.
Gli effetti dei suddetti contratti si limitano alle parti stipulanti e ai soggetti che siano iscritti alle medesime organizzazioni, attraverso l’istituto della rappresentanza.
Due, sono i livelli di contrattazione collettiva; il primo ha valenza nazionale, e i suoi prodotti sono i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) e gli Accordi Interconfederali (AI); il secondo ha valenza territoriale o aziendale.
Il primo livello della contrattazione fa riferimento ai contratti prodotti della negoziazione collettiva e stipulati a livello nazionale.
I contratti collettivi di secondo livello possono essere invece stipulati sia a livello territoriale che aziendale. Le parti stipulanti sono le associazioni datoriali territoriali o il singolo datore di lavoro da un lato, e le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali che abbiano stipulato il CCNL o, anche, le rappresentanze delle medesime a livello aziendale. Si hanno così contratti di settore che sono specifici per certi tipi di lavori e prevedono idonee tutele.
L’art. 11 del nuovo Codice degli Appalti disciplina il principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali e di settore, indicando le condizioni contrattuali minime che l’aggiudicatario deve applicare al personale impiegato nell’appalto . L’Art. 11 cita i contratti da riportare vari bandi ma sottende garantire le relative e opportune tutele.
È previsto, in particolare, l’obbligo per le stazioni appaltanti e per gli enti concedenti di indicare nei bandi e negli inviti, il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione.
Si considera, questo modo di operare, un elemento innovativo, perché, così facendo, il contratto collettivo da applicare deve essere stabilito già negli atti di gara.
Tuttavia la novella disposizione fa emergere una criticità importante per l’applicabilità, o meno, e a quali condizioni di ammissibilità è concessa la sostituzione da parte dell’operatore economico di un contratto collettivo con un altro diverso da quello stabilito dagli atti di gara.
Dalla lettura della norma, risulta espressamente applicabile un diverso contratto collettivo solo in certi casi: “gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente”.
L’applicazione del contratto collettivo stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale è, dunque, in generale imprescindibile: l’impresa, in quanto esegue l’appalto o la concessione, è tenuta ad applicare tale contratto ai propri dipendenti e, peraltro, non può scegliere un qualsiasi contratto stipulato da associazioni comparativamente più rappresentative , se non in certi casi specifici o meglio entro certi limiti di garanzia.
Difatti, sempre facendo riferimento alla produzione delle associazioni comparativamente più rappresentative, il contratto che le imprese sono chiamate ad applicare è quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.
In caso di applicazione di diverso contratto collettivo, prima dell’affidamento o dell’aggiudicazione, le stazioni appaltanti devono acquisire la dichiarazione con la quale l’operatore economico si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata: “nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele”.
Compete alla Stazione appaltante di valutare se il contratto collettivo alternativo indicato dall’operatore economico garantisca le medesime tutele riportate negli atti di gara.
La medesima disciplina, si applica, inoltre, ai subappaltatori.
Si tratta, ovviamente, di valutazione non semplice la sostituibilità, e non sempre è utilizzabile un determinato contratto anziché un altro con certezza, nei casi in cui siano individuabili più contratti collettivi molto diversi tra loro, con caratteristiche e standard di tutela differenti , ad esempio per la incertezza in merito alla sussistenza o meno di certe tutele di sicurezza del lavoro relative al tipo di appalto e quindi previste dallo specifico contratto indicato nel bando.
Tra i diritti riconosciuti ai lavoratori, si ricordano il diritto a svolgere la prestazione in condizioni di sicurezza (vedasi la normativa specifica applicabile di Igiene e sicurezza sul lavoro) e nel rispetto della salute e, quindi, con una certa gestione dell’orario di lavoro; oltre che per esempio il diritto alla tutela libertà d’opinione e di riservatezza nonché delle libertà sindacali.
Qui interessano le condizioni di sicurezza, i turni di lavoro per limitare le esposizioni, i riposi compensativi per chi è esposto a determinati rischi come ad esempio quello radiologico, le prescrizioni del medico autorizzato oltre che quelle dello esperto qualificato, ma anche le indicazioni del medico competente di concerto con il Servizio di Prevenzione e Protezione.
Solo la prassi e la giurisprudenza nell’applicazione del Nuovo Codice potranno essere una guida utile nella suddetta valutazione per la ammissibilità di una contrattazione sostitutiva rispetto a quella fissata dagli atti di gara.
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