Diventa Legge, il disegno di legge sull’oblio oncologico 5/12/23 

Oblio-oncologico
«Al fine di escludere qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento, la presente legge (del 5/12/23) reca disposizioni in materia di parità di trattamento, non discriminazione e garanzia del diritto all’oblio delle persone guarite da patologie oncologiche»
‘’Adottare un bambino, chiedere un mutuo in banca, partecipare ad un concorso. Per le persone guarite da un tumore tutto questo non rappresenterà più una corsa ad ostacoli. L’oblio oncologico diventa finalmente legge anche in Italia e sancisce il diritto all’oblio per coloro che sono stati affetti da patologie oncologiche con l’obiettivo di prevenire le discriminazioni e tutelare i diritti.
Il via libera definitivo e all’unanimità, al disegno di legge è arrivato il 5/12/23 dall’Aula del Senato, dopo l’ok già ricevuto dalla Camera, con 139 voti favorevoli.’’ (Ansa)
Sono un milione gli italiani interessati dall’oblio oncologico perché considerati guariti, a fronte di 3,6 milioni che vivono con una diagnosi di cancro: “I cittadini guariti dal cancro in Italia non saranno più discriminati nella vita sociale, professionale e familiare – afferma Francesco Perrone, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) -. Sono infatti previste specifiche norme che tutelano gli ex pazienti da possibili discriminazioni nel campo assicurativo e finanziario, oltre che nell’ambito lavorativo. La nuova Legge prevede il divieto di richiedere informazioni su una pregressa patologia oncologica dopo 10 anni dal termine dei trattamenti in assenza di recidiva di malattia in questo periodo. Per i pazienti in cui la diagnosi sia antecedente ai 21 anni, questo limite è ridotto a 5 anni. La legge non tutela solo nei rapporti con banche e assicurazioni ma anche in sede concorsuale, qualora sia prevista un’idoneità fisica e nell’ambito dei procedimenti di adozione”.(ANSA)
Meglio tardi che mai, si direbbe che giunge questa tutela per gli ex pazienti! Ma essa interviene purtroppo quando , ad esempio sul lavoro, gli abbandoni , le pressioni, gli sgomberi, i demansionamenti o i licenziamenti, sono già stati consumati ai danni di migliaia di ammalati senza nemmeno concedere loro il tempo necessario per curarsi.
Insomma trattasi di tutela per chi è guarito da almeno 5-10 anni. E per chi invece sta ancora combattendo contro la malattia ?
Sembra una legge ipocrita perché non fa riferimento al periodo più critico che è quello della cura. Proprio quel lasso di tempo in cui si consumano i soprusi.
Nell’ambito lavorativo si perpetrano infatti spesso pressioni ed emarginazioni nei riguardi del lavoratore ammalato oncologico .
I ricercatori Avallone e Bonaretti hanno definito il benessere organizzativo come:
“La capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione”.
Lo strumento più utilizzato per garantire il wellbeing (benessere) aziendale è l’Osservatorio del benessere organizzativo aziendale.
Alcuni parametri del benessere organizzativo sono:
•senso di appartenenza all’azienda 
•sentimento di autorealizzazione
•condivisione dei valori dell’azienda
•equilibrio tra vita privata e lavoro
•relazioni interpersonali pro attive con i colleghi.
Di contro , indicatori negativi del benessere organizzativo e aziendale sono: 
•desiderio di cambiare lavoro
•pensieri di inutilità e di ‘’non sentirsi alla altezza’’ 
•risentimento nei confronti dell’organizzazione
•azioni di mobbing e patologie relazionali
•confusione di ruoli, compiti e responsabilità.’’
•senso di colpa
Nel caso di un lavoratore ammalato oncologico, così come in famiglia, può accadere di ‘’non sentirsi all’altezza’’ proprio a causa della malattia e scatta un senso di colpa.
E incidentalmente va detto che ciò avviene anche nei riguardi di una persona malata da parte di chi gli sta intorno, parente o collega che sia e spesso c’è l’incapacità di trovare le parole giuste per stargli accanto. La diagnosi di malattia non suscita solo timore e preoccupazione, ma innesca anche una serie di meccanismi di identificazione, attivando le nostre paure di ammalarci e di morire e, nei casi più gravi dando luogo ad attacchi di panico e altri disturbi più seri, che possono portare ad allontanamenti perversi.
Più grave ancora il caso della Amministrazione o in generale del datore di lavoro che mette in atto strategie di allontanamento del lavoratore oncologico dal suo posto di lavoro inducendolo a presentare domanda di licenziamento o di pensionamento anticipato o di inabilità oppure procedendo di iniziativa del datore di lavoro al licenziamento, proprio quando invece il lavoratore avrebbe bisogno di sostegno. 
Anche verso il lavoratore assente per terapia salvavita le Amministrazioni spesso arrivano ad attuare strategie di allontanamento del lavoratore oncologico, spingendo il lavoratore stesso a fare, motu proprio, domanda di esonero dal lavoro, perché altrimenti il datore di lavoro avrebbe difficoltà ad escludere il lavoratore ammalatosi.
Trattasi di comportamenti e pressioni attuati verso il lavoratore , che sono in conflitto con la privacy e con le tutele di legge di una assenza prolungata, ad esempio per terapie salvavita in corso di svolgimento, che di fatto è tutelata perché fuori del periodo di comporto.
Nel momento in cui il lavoratore ammalatosi gravemente presenta  istanza ad esempio di malattia per terapie salvavita, si innesca un processo di monitoraggio da parte del datore di lavoro che talvolta sfocia in pressioni sottili fino allo allontanamento volontario del lavoratore.
Parrebbe una forma di mobbing non censita tra le casistiche.
La novella norma fa riferimento allo oblio ad esempio per banche e assicurazioni in relazione al  trascorso oncologico del loro cliente, ma nulla dice del periodo della cura.
Sul posto di lavoro in particolare , tale periodo è assai delicato per il lavoratore malato oncologico e andrebbe particolarmente tutelato perché è proprio in quel momento di fragilità che si attivano dinamiche di mobbing che portano all’allontanamento del lavoratore, fino alla sua perdita del lavoro con tutte le conseguenze del caso. 
La nuova norma sembrerebbe tutelare l’oblio oncologico del soggetto guarito mentre le indagini, richieste di informazioni , e azioni conseguenti di diniego, da parte di banche ed assicurazioni oppure le azioni di mobbing esperite sui posti di lavoro fino al licenziamento o pensionamento anticipato continuano a potersi consumare indisturbate per chi sta in quel periodo dei 5-10 anni in cui non può ancora dichiararsi guarito.
La nuova norma rischia di tutelare l’oblio per gli ex pazienti ma non dei pazienti in cura, con tutte le conseguenze possibili per loro nel mondo del lavoro, bancario, assicurativo, etc.
L’oblio oncologico restituisce “alle persone che si sono lasciate alle spalle un tumore la possibilità di vivere una vita piena, senza steccati e discriminazioni”(Schillaci), e quelle che non ne sono ancora uscite, le lasciamo nello steccato? 
Il diritto all’oblio è un diritto dell’interessato per cui la persona fisica – l’interessato – può ottenere dal titolare del trattamento dati, la cancellazione dei dati personali che lo riguardano, ma tutto ciò che avviene prima del periodo fissato per lo oblio? È tutelato solo dal pannicello caldo della privacy?
L’oblio è il contrario di memoria: memoria fino a 5-10 anni con le conseguenze del caso; oblio solo dopo quando è già accaduto tutto quello che non doveva accadere.
Bisognerebbe pensare a una moratoria delle azioni di perdita del lavoro, per il periodo restante fino ai 5-10 anni, per garantire il lavoratore da azioni di mobbing e vessatorie.

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