Perchè l’INAIL riconosce solo il 60% delle somme disponibili per chi investe in sicurezza?

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Perché l’INAIL spende solo il 60% delle somme disponibili per i finanziamenti alle aziende che investono in sicurezza per i propri dipendenti

In un momento in cui per le aziende italiane si evidenziano solo adempimenti burocratici e maggiori spese per costi, sempre crescenti, di materie prime appare molto importante far conoscere quali sono le agevolazioni e i finanziamenti che INAIL mette, o dovrebbe mettere, a disposizione delle aziende stesse. 

La giornalista Milena Gabbanelli con un servizio del 3 Ottobre scorso evidenziava il cospicuo aumento degli infortuni sul lavoro nei primi sette mesi del 2022 ed anche i numerosi morti che, sebbene in percentuale, nel corso dell’anno, sarebbero diminuiti del 12% , in realtà tale diminuzione è solo frutto del fatto che nell’anno precedente i morti sul lavoro denunciati causa covid erano stati del 68% sul totale mentre nel 2022 tale percentuale è attualmente solo del 3%! 

Dunque, tendenzialmente, anche il numero dei morti, esclusi quelli per covid, aumentano, addirittura raddoppiano quelli dei lavoratori stranieri .

Questo il panorama di riferimento, nonostante ci siano somme ingenti destinate a soddisfare le esigenze di sicurezza delle aziende, addirittura, dice nel servizio la Gabbanelli,  “ci sono ben 887 milioni di euro congelati”, cioè che non vengono assegnati attraverso i finanziamenti previsti per Legge.

Dal 2010 ad oggi il 40% delle somme messe a disposizione dall’INAIL non vengono utilizzate dalle aziende.

Mi sono permesso, viste le competenze professionali acquisite nel corso di oltre 30 anni di esperienza su tematiche della prevenzione nei luoghi di lavoro, parte dei quali, come dirigente generale in INAIL, di esaminare il perché tali somme non vengano assegnate per migliorare la sicurezza dei lavoratori.

Certo,da una parte la mancata assegnazione dei finanziamenti deriva dalla scarsa conoscenza della normativa da parte delle aziende, del resto gli adempimenti che incombono sulla testa dei datori di lavoro, dei loro consulenti dei commercialisti e di tutti coloro che operano nel campo della prevenzione  sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, non lascia spazio ad equivoci: non è possibile seguire tutte le fasi del processo di finanziamento.

Anche il servizio della Gabbanelli rappresenta bene la fase iniziale del processo quella del noto concorso informatico definito del “click day” che premia i più veloci ad inserire il proprio progetto in una procedura informatica predisposta dall’INAIL.

Ma il problema non la procedura informatica o le modalità di attivazione della stessa, o meglio non soltanto, il problema è sito nel bando che viene emanato da INAIL.

Ogni anno diventa sempre più difficile per le aziende che hanno superato il “click day” riuscire a portare a casa il finanziamento.

Infatti norme sempre più selettive e stringenti non consentono di portare “a casa” l’auspicato beneficio economico.  

In questa sede non vorrei entrare più nel dettaglio ma una considerazione di base deve pure essere fatta: se l’INAIL attraverso proprie valutazioni tecniche, da una parte dice di mettere ad disposizione delle some di denaro, per esempio per eliminare il rischio di una grave malattia professionale legata alla movimentazione manuale dei carichi (sollevamento), e poi applica dei coefficienti  che, di fatto, non consentono di riconoscere tali attività come rischiose, portano l’azienda, da una parte a non godere delle somme disponibili, dall’altra a non ridurre il numero complessivo degli infortuni sul lavoro ed inoltre a creare un senso di sfiducia nei confronti della pubblica amministrazione da parte di tutti i soggetti coinvolti: datori lavoro, consulenti e lavoratori.

Quanto sopra rappresentato portano le aziende addirittura a non partecipare a certi bandi o se partecipano al bando pur superando la difficile fase del click day vengono poi bocciate nel prosieguo  perché i paletti messi per consentire l’erogazione delle somme sono tali da consentire,  quasi mai, il finanziamento!

Dunque, a mio avviso, il problema è a monte: sono le regole previste dal bando che non consentono di finanziare quel 40% delle somme che, di fatto, non vengono distribuite.

E allora mi chiedo, non sarà il caso di eliminare qualche paletto per consentire una maggiore facilità di accesso al finanziamento e magari e, soprattutto, a contribuire alla riduzione del numero degli infortuni?  

Non è possibile, oggi, dopo tanti anni trascorsi dal T.U 81/2008 pensare che ci siano tante aziende che svolgono lavoro manuale cone si svolgeva negli anni 50 del secolo scorso, perché solo così l’INAIL riconoscerebbe il punteggio necessario per consentire il finanziamento.

Del resto se gli infortuni, soprattutto per i lavoratori stranieri e aumentano anche le malattie professionali penso sia assolutamente necessario facilitare le operazioni di finanziamento delle aziende.

Se le norme  contenute nei bandi sono sempre più stringenti mentre gli infortuni aumentano e i soldi dei contribuenti rimangono nella casse dell’INAIL  qualcosa che non quadra!!

Proviamo a sensibilizzare  il nuovo Ministro del Lavoro, che queste tematiche ben conosce per la sua esperienza professionale,  anche perché sebbene sia vero che l’INAIL vince in giudizio parecchi contenziosi, come dice anche la Gabbanelli, è pur vero che il problema non è la corretta applicazione delle norme contenute nel bando INAIL, ma bensì è il bando stesso che deve essere rivisto in una ottica di aiutare le imprese a risolvere il grave problema degli infortuni sul lavoro!

Avellino, 20 11 2022 Emidio Silenzi

 

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Emidio Silenzi
Per oltre 30 anni ha esercitato attività dirigenziale presso amministrazioni di primaria importanza nazionale occupandosi di gestione delle risorse umane curandone primariamente gli aspetti di motivazione e formazione svolgendo le proprie attività per obiettivi e monitorando risultati